Eccoci arrivati alla terza e ultima parte della nostra lista dedicati a tutte le leggende e i segreti di Napoli! Sperando di non deludere chi ha apprezzato la prima e la seconda parte, ecco a voi le ultime 5 scelte della sottoscritta, dalla numero 11 alla numero 15:
11. Palazzo Spinelli: se Bianca vi viene a cercare, io vi avevo avvertito
In Via dei Tribunali inizia quest’ultimo percorso tra i misteri napoletani: il Palazzo Spinelli è uno dei più begli esempi di architettura napoletana. Secondo in splendore solo al palazzo del principe di San Severo, ha un cortile ellittico, caso unico a Napoli, e una splendida scalinata. La particolarità del luogo scelto, però, non risiede solo nella bellezza incompresa del palazzo, che pochissimi conoscono e che attualmente sembra essere quasi “abbandonato” dalle autorità, laddove sarebbe invece auspicabile un intervento di restauro.
Quello che rende il Palazzo Spinelli davvero unico è la storia della dama di compagnia della nobildonna Lorenza Spinelli, Bianca, che qui trovò la morte. La leggenda vuole che Lorenza fosse una donna dispotica, crudele e capricciosa: persino nel momento in cui il marito stava partendo per la guerra la signora ebbe solo parole sgarbate per il suo consorte e principe. E proprio mentre il principe afflitto e seccato per l’aggressività della moglie andava via, incontrò gli occhi comprensivi e compassionevoli di Bianca, intenta a pettinare la sua padrona. Lo sguardo innocente bastò a destare i sospetti di Lorenza e a scatenare la sua ira: decise di far murare viva la giovane Bianca, che, incapace di difendersi, continuò a promettere e a ripetere che sarebbe tornata e che mai avrebbe lasciato il palazzo:
“Famme pure mura’ viva,
ma in allegrezza o in grannezza tu me vidarraje”
Ed in effetti la leggenda vuole che Bianca sia apparsa agli Spinelli tre giorni prima di ogni evento lieto e tre giorni prima di ogni disgrazia. Molti affermano di vederla ancora oggi, spesso sulla balaustra dello scalone. Alcuni sono convinti che Bianca appaia a dare liete novelle agli uomini, mentre per le donne la sua visione costituisce il più infausto dei presagi. E, se così fosse, chi potrebbe mai darle torto dopo la sua brutta esperienza col genere femminile?
12. La Chiesa di Santa Maria del Parto: Il Diavolo di Mergellina
Già solo per la posizione, sull’insenatura di Mergellina, varrebbe la pena di visitare la bella chiesetta di Santa Maria del Parto. La chiesa ospita la tomba di Jacopo Sannazaro, onorato con uno stupefacente monumento funerario. Quello che però la rende maggiormente degna di interesse per la nostra lista è il dipinto lì presente di Leonardo da Pistoia, “San Michele che scaccia il demonio”, anche noto come il Diavolo di Mergellina. Il dipinto raffigura San Michele che trionfa sul demonio, che qui ha le sembianze di una splendida donna. San Michele rappresenta il vescovo di Ariano, Diomede Carafa, che pare riuscì a vincere le tentazioni della carne sfuggendo al corteggiamento insistente di Vittoria d’Avalos, una nobildonna napoletana.
La leggenda però contraddice questa versione, spogliando il barboso Carafa della sua aura di santità fornendo una versione dei fatti molto più interessante: Matilde Serao narra di un Diomede Carafa innamorato follemente di una donna di nome Isabella, tanto bella quanto crudele. Dopo un anno di sofferenza, durante il quale il vescovo si straziava e disperava per ottenere l’amore della splendida donna, Isabella disse di amarlo. All’estasi di Diomede seguì molto velocemente il baratro della depressione: dopo poco la sua bella lo abbandonò per altri uomini. Il vescovo, allora, per liberarsi dalla passione malvagia e velenosa che lo attanagliava, fece dipingere al suo amico Leonardo da Pistoia un mostro orrendo con il viso della sua Isabella, in modo da poter ricordare, ogni volta che guardava quel quadro, quanto l’oggetto del suo amore non fosse altro che un demone strisciante. Il trionfo di San Michele era quindi il suo, la guarigione dal peccato era solo ed esclusivamente di Diomede. Ma Isabella non smise di affascinare e ammaliare: per i napoletani il volto del dipinto era talmente bello che ne rimasero stregati! E sì, se vi sta venendo in mente la frase “Si bella e ‘nfama comm’ o riavule ‘e Margellina” (Sei bella e crudele come il diavolo di Mergellina) siete sulla strada giusta: il detto viene proprio da lì!
13. L’obelisco dell’Immacolata in Piazza del Gesù: dimmi cosa vedi e ti dirò chi sei
So già cosa state pensando: Piazza del Gesù un segreto? L’obelisco dell’Immacolata qualcosa di insolito? Ma è in tutti i percorsi turistici più battuti! È infatti vero. Eppure persino i luoghi più noti riservano sorprese affascinanti. Ad esempio, le raffinate geometrie della parete esterna della Chiesa del Gesù Nuovo, che hanno incantato i visitatori e che ricordano la facciata del noto Palazzo dei Diamanti a Ferrara, pare abbiano un significato ben preciso: rappresentano delle lettere in aramaico che a loro volta indicano delle note, che vanno a comporre – lette da destra verso sinistra e dal basso verso l’alto – una melodia di quasi tre quarti d’ora.
Anche la statua della Madonna, sulla guglia al centro della piazza, riserva però una sorpresa: la Vergine con la corona di stelle, immagine rassicurante e materna, vista da dietro, tenendosi leggermente spostati verso Santa Chiara cambia le sue fattezze! Ed ecco a voi la Morte incappucciata, minacciosa, imperiosa, con tanto di falce e volto oscuro nel cappuccio!
14. Palazzo di Sangro Sansevero: un triangolo d’amore e sangue
Quando ho ascoltato per la prima volta la tragica storia d’amore di Fabrizio Carafa dei duchi d’Andria e Maria d’Avalos ho capito perché Paolo e Francesca di Dante Alighieri e Romeo e Giulietta di William Shakespeare hanno affascinato generazioni di lettori: sono incredibilmente veri. E i due amanti di Palazzo Sansevero non sono da meno rispetto ai loro “colleghi” letterari. Maria d’Avalos, detta la più bella signora di Napoli, era la moglie di Carlo Gesualdo, principe di Venosa, noto madrigalista e amico del grande poeta Tasso. Una donna tanto splendida, appassionata e giovane non poteva restare legata a un uomo molto più grande di lei e sposato per senso del dovere: durante un ballo Maria si innamorò di Fabrizio Carafa, uomo di straordinaria bellezza e di grande valore. La passione divampò all’istante e i due iniziarono una relazione, tenuta nascosta al marito di lei, ma di cui tutta Napoli sembrava essere a conoscenza, a causa dell’imprudenza dei due giovani. Più volte gli amici e i parenti di entrambi tentarono invano di farli desistere da un amore tanto sconveniente e pericoloso, ma i due continuavano ad essere più uniti che mai. Si narra anche che i parenti di Fabrizio, per porre fine a questa storia che metteva il giovane in pericolo di vita, cercarono di allontanarlo da Napoli, mandandolo a gestire i feudi che la famiglia possedeva in Puglia. Maria, però, non poteva sopportare la separazione da Fabrizio e inviò un messaggio che lo fece desistere; lo stesso Fabrizio, folle d’amore, non accettava la lontananza da Maria e, arrivato quasi in Puglia, si voltò per tornare indietro, dopo aver pronunciato le parole “Signora, così volete, così si faccia”.
Destino volle che uno zio della donna, incoraggiato forse dalle voci insistenti sulla “poca virtù” di Maria, provò a farle delle avances. La bella d’Avalos rifiutò violentemente dicendo di essere una donna sposata. Livido di rabbia e preso dalla gelosia, l’uomo respinto decise di raccontare nei dettagli la storia di Maria e Fabrizio a Carlo Gesualdo. Pazzo di gelosia e colpito nell’orgoglio, il principe di Venosa finse di partire per una battuta di caccia, tendendo così una trappola ai due amanti. Fabrizio arrivò poco dopo; i sicari si affrettarono ad uccidere entrambi gli amanti, mentre Carlo Gesualdo si accaniva sui cadaveri dei due giovani, dilaniandoli. Dopo aver brutalizzato i corpi, quindi, Carlo Gesualdo li gettò sulle scale del palazzo, esponendoli al pubblico ludibrio. Come se non bastasse, un monaco del vicino convento di San Domenico Maggiore abusò del cadavere di Maria durante la notte successiva. In seguito pare che la furia omicida di Carlo Gesualdo si riversò anche sul figlio, a suo parere troppo somigliante al bel Fabrizio: pare l’abbia messo su un dondolo e l’abbia fatto morire d’asfissia. Tasso, colpito dalla storia, scrisse dei sonetti sull’amore tra Fabrizio e Maria, rendendoli immortali.
Ancora oggi sono molti i napoletani che giurano di aver sentito le grida di dolore lanciate dal fantasma di Maria d’Avalos nei pressi del Palazzo. Nelle notti di luna piena pare che il fantasma della bellissima napoletana appaia in abiti discinti per le sale del palazzo, alle finestre e nei dintorni di San Domenico Maggiore mentre piange e chiede insistentemente dov’è il suo Fabrizio. Perché proprio lì? Vi farà forse accapponare la pelle sapere che in una delle arche di San Domenico Maggiore, dopo una ricerca dell’Università di Pisa, sono stati ritrovati dei resti che, per i tagli sulle ossa, sembrerebbero essere proprio del bel Fabrizio Carafa!
15. Negozio-Museo in Piazzetta Nilo: arte & shopping tutti napoletani
Dopo questa scorpacciata di luoghi e misteri napoletani, come potreste mai concludere il vostro tour? L’unica è in un negozio che non è un negozio, in un museo che non è un museo. Nel cuore del centro antico, infatti, il Negozio-Museo celebra la bellezza di Napoli con oggetti di raffinato artigianato partenopeo, gadget e volumi sulla nostra bella città. E, nel retro, uno spazio per le mostre. Attualmente ospita ancora la bella esposizione di Luciano De Crescenzo, con le sue foto che raccontano la Napoli che fu e che, forse, ancora è.