Quanti di voi hanno letto il romanzo di Tracy Chevalier La ragazza con l’orecchino di perla e il successivo film di Peter Webber, con una eccezionale Scarlett Johansson nei panni della protagonista, e sono rimasti incuriositi dal mistero e dal fascino sottile di quelle ombreggiature soffuse e dai contatti timidi e fugaci dei protagonisti? Molti di noi hanno sognato almeno un pochino leggendo le pagine del libro, guardando i dettagli del film o, per chi ne ha avuto la fortuna, di stare in piedi dinanzi al dipinto di Johannes Vermeer realizzato intorno al 1665 e oggi conservato alla Pinacoteca Reale Mauritshuis nei Paesi Bassi, da cui hanno preso ispirazione proprio il libro e successivamente il film.
Ma chi era veramente la Ragazza con l’orecchino di perla (o la Ragazza col turbante che dir si voglia)?
Come per gran parte dei ritratti femminili di Leonardo si è sempre discusso sull’identità e sui misteri attribuiti proprio a tali figure (si basti pensare alla Mona Lisa), anche per altri artisti ed in questo caso per Vermeer, è successa la stessa cosa. Per anni gli studiosi e gli storici dell’arte hanno cercato di ricondurre l’immagine ritratta di questa giovane donna seducente ma allo stesso tempo timida ad un nome realmente esistito nella storia e nella vita dell’artista. Il problema principale che rende difficile la soluzione dell’enigma è che la documentazione sul dipinto è molto povera, così come, del resto, scarse sono le notizie biografiche su Vermeer.
Uno dei primi studiosi a porsi il problema fu Pieter Swillens, storico dell’arte olandese che, nel 1950, pubblicò la prima monografia completa su Johannes Vermeer. Sin da subito lo studioso smentì che il soggetto dipinto potesse essere attribuito alla figlia di Vermeer, perché non ci sarebbero prove sufficienti per dimostrarlo e perché non ci sono rimasti ritratti delle figlie del pittore. Inoltre, prendendo per buona l’ipotesi della datazione al 1665, sarebbe stato molto difficile pensare che una delle due figlie avesse posato per il dipinto dato che, all’epoca, la più grande aveva appena dodici anni. La principale caratteristica di un ritratto olandese del Seicento è la fedele somiglianza del soggetto da raffigurare, soprattutto perché Vermeer non avrebbe avuto alcun intento a realizzare un’opera puramente estetica. Secondo Swillens due delle chiavi di lettura sarebbero il movimento e l’espressione: un movimento naturale, tutt’altro che estetizzante, e un’espressione, con gli occhi che seguono il pittore e la bocca leggermente aperta: questi sarebbero gli indizi del fatto che la ragazza potrebbe essere, appunto, una ragazza vera. Le sue teorie, però, furono completamente contraddette alcuni anni dopo da altri studiosi.
L’idealizzazione della ragazza rappresentata deriverebbe da certi elementi del dipinto come il turbante indossato dalla ragazza: si trattava di un copricapo molto costoso e che veniva importato dalla Turchia, che non faceva parte del vestiario abituale di una ragazza olandese del Seicento e considerando che la cromia del turbante è un blu oltremare, un colore che al tempo di Vermeer si otteneva dai lapislazzuli, esso aveva per certo costi molto impegnativi. Si può fare lo stesso tipo di ragionamento per la perla, altro accessorio lussuoso; per cui ciò ci porta a pensare che l’opera sia stata commissionata da un cliente benestante.
Quindi (aimè) la teoria chè più sembra aver preso il sopravvento è quella che il quadro rientra nella categoria dei tronie, una forma artistica in voga nell’Olanda del Seicento. Sono ritratti che raffigurano il volto di individui convenzionali, di personaggi del passato o antichizzanti, più che di persone realmente riconoscibili e venivano usati per decorare le pareti delle abitazioni.
Apprezzo molto Vermeer per la qualità eccezionale della luce nei suoi dipinti. Ogni sfumatura di colore è attentamente studiata per creare la sensazione più esatta possibile della luce reale che entra nell’ambiente, soprattutto considerando che in realtà lo spazio, essendo interno, è potenzialmente buio.
Ed è proprio in questa straordinaria capacità di rendere visibile e quasi tattile la luce che si ritrova uno dei maggiori fascini della pittura di Vermeer e che ci fa apprezzare ogni sua opera. E a volte penso sia bello non conoscere l’identità che si cela dietro un personaggio ritratto, perché di certo, nel caso della Ragazza con l’orecchino di perla, saremmo rimasti lo stesso incantati nell’osservare il dettaglio delle sue labbra socchiuse o la lucentezza della perla all’orecchio, ma c’è da ammettere che l’ignoto affascina sempre e il mistero di cui è velato questo ritratto lo rende ancora più apprezzabile.