Chi non ricorda la scena di Cast Away in cui Tom Hanks, naufrago su un’isola deserta, per evitare di impazzire dalla solitudine, o forse già pazzo proprio per questo motivo, crea il suo amico immaginario, Wilson, dipingendo un volto umano molto approssimato su di un pallone?
Esattamente è proprio quello che fa Marc Bourlier, nato a Saigon, la più grande cittá del Vietnam e vissuto tra Africa, sud America e Asia.
In giovane etá Marc si appassionò ai colori e al mondo naturale, affermandosi come pittore, fin quando un giorno nel 1995 su una spiaggia in Normandia l’occhio fu catturato da un piccolo pezzo di legno alla deriva.
La curiosità per quell’oggetto, trasportato instancabilmente dall’ondeggiare dell’acqua, segna la transizione di Marc Bourlier dalla pittura alla scultura, una forma d’arte che gli consentisse di donare tridimensionalità alle sue creazioni.
Le sue opere sono definite più precisamente come driftwood, ovvero legni spiaggiati e sapientemente modificati fino a farli diventare opere d’arte. D’altronde già Collodi ci ha sapientemente fatto sognare con il suo tronchetto di legno trasformato in burattino dalle mani precise e delicate di Geppetto.
I soggetti di Marc sono i volti delle persone di colore che hanno scandito la sua giovinezza.
I lineamenti sono realizzati in maniera molto semplice e minimalista, distinguendo le varie opere con l’uso di espressioni facciali diverse. Infatti, secondo la sua filosofia, anche questi oggetti, apparentemente inanimati, sono capaci di infondere emozioni e sentimenti.
Anche io la penso così; dopotutto, credo che siano il modo e il sentimento con cui ci poniamo di fronte ad un’opera d’arte che ce la fa apprezzare, in un modo o in un altro.
E. soprattutto, quando vedo trasparire passione e amore per l’arte da piccoli e semplici oggetti come questi, mi rendo sempre di più conto che non c’è bisogno di scolpire enormi pezzi di marmo per creare una bella opera d’arte, non vi pare?