Napoli è una poesia. No, non voglio dire che vivo nella città più bella del mondo, no. Ho vissuto a Parigi e ho visto molti posti meravigliosi. Mi sono persa nelle strade di tanti altri luoghi in Italia e all’estero.
Ma, lo ribadisco.
Napoli è una poesia.
Una poesia che ti fa sorridere, che ti fa amare, che ti fa piangere, ti fa incazzare pure, perché no? Se non siete tipi da sfumature, da complicazioni, avete ragione. Napoli non fa per voi.
Napoli si ama. Mica per forza? L’amore è un sentimento esclusivo, si possono amare più persone insieme? Te ne possono piacere tante, ma se ami qualcuno tu vuoi quello e basta e gli altri ti sembrano sempre meno. Non vi meravigliate se la odiate, a volte la odio pure io. Spesso mi arrabbio e mi ripeto che non c’è speranza, che non meritiamo niente.
Ma.
A Napoli inciampi in opere d’arte. Sì, ci inciampi proprio, pecché nun o sapimm manc nuje (perché non lo sappiamo nemmeno noi) tutto il bello che c’è. E quindi spesso ci sbatti contro, ci finisci dentro per caso, ci capiti seguendo l’indicazione sbagliata. E ti ritrovi in un palazzo antico, con un giardino pensile straordinario e una casina pompeiana. Sì, sì. Proprio nella strada che percorri ogni giorno per andare al lavoro, all’università, a fare la spesa.
A Napoli se prima di andare a scuola avevo voglia di pregare io entravo nella Chiesa del Gesù Nuovo. Non so se avete presente. Quella con le punte di diamante. Quella che Il Palazzo dei Diamanti a Ferrara a confronto potrebbe sembrare quasi invisibile, eppure noi tutti ci mettiamo più volentieri sulla parete del Palazzo dei Diamanti e scattiamo la foto, click.
A Napoli, ai tempi del liceo, il sabato sera si usciva in Piazza del Gesù e ci si sedeva sotto l‘obelisco dell’Immacolata. Abbiate pazienza, non è il classico muretto. I giapponesi fotografano l’obelisco e tu ci stai seduto sotto e pensi solo a quanto è bello avere 15 anni. Ma la realtà è che sei seduto su un’opera d’arte stupenda. E ci resti per anni. Poi, dopo innumerevoli serate e mattinate e pomeriggi in cui hai guardato quell’obelisco, scopri che quella non è proprio solo la statua della Madonna, ma anche un po’ la morte incappucciata se la guardi da dietro nell’angolazione giusta.
A Napoli quando c’è il sole puoi stare all’aria aperta a chiacchierare con un amico, spendendo 2 euro per mangiare e sbocconcellando pizzette e rustici. Solo che il gradino su cui ti siedi è quello del cortile del Monastero di Santa Chiara. E tu pensi che è bellissimo avere il sole sul viso e passare un’ora con la tua migliore amica. Ma poi alzi lo sguardo e vedi una delle chiese più belle al mondo e sai che proprio alle tue spalle c’è un chiostro sempre pieno di francesi, tedeschi, giapponesi a fotografare, click click click.
A Napoli se la sera vuoi bere una birra con gli amici e fare “bordello” (espressione quasi introducibile, diremo “divertirsi un mondo”) vai a Piazza Bellini. E ti sembra stupendo essere in mezzo a tutta quella gente, ascolti le voci e osservi le persone che si ritrovano, ragazzi con barbe supersoniche e i loro cani, coppie che si tengono per mano, odore di birra, rumore di risate. E pensi che non è giusto che ci siano le cartacce e le bottiglie a terra. E ti ricordi che la Brau (Biblioteca di Ricerca di Area Umanistica) è meravigliosa; entri in un bar che è anche galleria d’arte e senti la vita che ti avvolge. Poi ti giri e ricordi che la ringhiera a cui sei appoggiata a bere la tua birra con le persone che ami circonda delle mura greche di inestimabile valore. Ripetete con me, delle mura greche! Click, click, click.
A Napoli vai all’università e sei stanco, hai sonno e sei arrabbiato perché il treno sicuro ti ha fatto arrivare in ritardo. Sicuro. E sfrecci con le cuffiette nelle orecchie facendo lo slalom tra le auto, correndo. E pensi che ti serve un caffè e che non hai studiato abbastanza il giorno prima. Poi alzi gli occhi e vedi il sole abbagliante – a dicembre! ‒ che si riflette sulle pareti del Museo Archeologico Nazionale. E pensi a quello che c’è dentro. Ma solo un attimo eh, perché si deve correre a lezione. E ti affretti a raggiungere l’aula passando nel cortile dell’ospedale, e mentre corri e il lettore mp3 ti passa musica energica o arrabbiata, tu vedi uno scalone meraviglioso, una chiesa e una Farmacia Museo e scopri che ci sono più cose da vedere lì dentro che in tutta Madrid. Click, click, click.
A Napoli a Natale non si va solo per negozi e a fotografare le luci. A Napoli si passa per San Gregorio Armeno. Dove troverai folle oceaniche che commentano i pastori e i presepi incantati e tu pensi che “il tuo è anche più bello“. E poi no, troverai di sicuro qualcosa di più bello, qualcosa che ti fa aprire la bocca incantato, che “te par nu miracol” (ti sembra un miracolo), pure se ormai hai il telefono che manca solo ti faccia il caffè, ma vuoi mettere con “il bottaio dipinto a mano che si muove”?
A Napoli mentre passeggi sul lungomare guardando le luci, i bambini con le biciclette, gli innamorati che si baciano, passi davanti a due castelli. Sì, due, perché noi napoletani siamo sempre eccessivi. E da bravo fan della città non sai mai deciderti su quale è meglio. Perché uno è Maschio e possente, ma l’altro sta adagiato sull’acqua ed è parte di uno dei panorami più suggestivi al mondo e ‒ scusate se è poco ‒ è tenuto in piedi da un uovo che quel mago di Virgilio ha nascosto tanto bene da non farlo mai trovare.
A Napoli c’è il Palazzo Zevallos, che per tutti è “O palazz d’o Banc ‘e Napul” (Il Palazzo del Banco di Napoli). Pochi edifici sono più belli di questo. L’esterno è straordinario, gli interni ti lasciano a bocca aperta. E dentro quel palazzo meraviglioso c’è un Caravaggio. “Accussì, pecché nuje nun ce facimm mancà nient” (“Così, perché non ci facciamo mai mancare nulla“).
A Napoli di sicuro ti hanno fatto fare il gioco dei cavalli a Piazza del Plebiscito. A Piazza del Plebiscito c’è il Palazzo Reale. In lontananza si vede il mare. C’è una basilica che ti fa sentire piccolo piccolo per quanto è bella e un colonnato che ti riempie gli occhi. Ma soprattutto in mezzo alla piazza ci sono le statue dei cavalli. Una delle due è ‒ sempre giusto per ‒ di Antonio Canova. E al napoletano tanta bellezza non basta, quindi ti farà girare bendato su te stesso e poi ti dirà che devi riuscire a passare in mezzo alle due statue senza veder nulla. Se ci riesci si realizzerà un tuo desiderio. E tu pensi che: “ma per piacere, con tutto quello spazio, come potrei non riuscirci?!“. E non ci riuscirai.
A Napoli a Piazza del Plebiscito ti faranno fare il gioco dei cavalli. E già questo spiega la magia. E dopo il gioco dei cavalli vi racconteranno la storiella del tipo che ha fatto pipì e della statua che urla: “Tagliamogli il pisello!“. Per cui sì, guarderai la piazza, ne ammirerai la bellezza e poi te ne andrai sorridendo.
A Napoli i poveri che non potevano chiedere la grazia ai santi ʽimportantiʼ si sceglievano dei teschi senza nome e il miracolo lo chiedevano a loro, che glielo concedevano in cambio di preghiere per ascendere al Paradiso. E si sceglievano pure la capuzzella più sudata, perché quella sicuro “stava faticann assaje” (tribolando notevolmente) in Purgatorio.
A Napoli c’è sempre una nuova leggenda da imparare. E c’è sempre qualcuno disposto a giurarti che davvero davvero, la nonna/lo zio/il suocero ne ha le prove. E non potete chiamarci ignoranti o superstiziosi. Quando un posto è così magico e contorto e così pieno di sorprese è molto più facile credere alle leggende, fidatevi!
A Napoli quando vuoi mangiare la pizza più buona del mondo, quella che ha ottenuto un sacco di stelline su tutte le guide culinarie del mondo, spendi 5 euro (bevendo pure però). E non venite a dirmi che questa non è anche qualità di vita, perché quando vai in giro con pochi soldi in tasca lo è eccome. E se sei fortunato ti becchi anche il tavolo vicino al balconcino vecchio stile e pensi che quell’odore e quei sapori te li porti pure nella tomba. Altro che aperitivino.
A Napoli c’è un miracolo ogni anno. Anzi, a voler essere specifici, ce ne sono vari, più volte all’anno. E noi siamo convinti che quei miracoli un poco ci possono salvare.
A Napoli quando sei triste puoi andare ad assaporare l’odore del mare. E anche se ci vai a marzo ci trovi qualcuno come te che se lo gode. E pensi che questa città ha troppa bellezza dentro, che ti strazia il cuore, che non è giusto che abbia così tante ferite, che la odi perché se te ne andrai soffrirai sempre e non potrai mai lasciartela dietro, perché quando chi ami ti tradisce non c’è cosa più brutta al mondo.
E sai qual è ‘a cosa cchiù bell (la cosa migliore)? Che io di Napoli non ho detto ancora niente. Perciò, non ve la prendete se non le volete bene. Napoli ‒ parafrasando un personaggio noto ‒ non è per tutti.
Appunto, come la poesia.
Tutti leggono i romanzi da ombrellone. Alcuni leggono i buoni romanzi. Pochi apprezzano la poesia. E Napoli è una poesia.
Le poesie si possono leggere distrattamente, possono anche infastidirti a una lettura superficiale o piacerti istintivamente. Ma poi le devi rileggere. Le devi studiare. Devi assaporarne ogni parola e metterla nel contesto. Devi cogliere quello che c’è dietro. E infine, rileggerle. E vi assicuro, se la poesia è una di quelle buone, anche dopo anni non l’avrete capita fino in fondo, anche dopo milioni di volte scoprirete che c’era qualcos’altro da cogliere e da imparare.