Home AuthorAngelo Capasso Oedipus – Robert Wilson trasfigura la tragedia di Sofocle al Pompeii Theatrum Mundi
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Oedipus – Robert Wilson trasfigura la tragedia di Sofocle al Pompeii Theatrum Mundi

di Angelo Capasso

In occasione della seconda edizione del Pompeii Theatrum Mundi, dopo l’adattamento della Salomè di Oscar Wilde ad opera del regista Luca De Fusco, dal 5 al 7 luglio nel Teatro Grande del più importante sito archeologico del mondo è andata in scena la tragedia di Oedipus.

L’ambiziosa Rassegna Teatrale di Drammaturgia Antica, frutto della collaborazione tra il Teatro Stabile di Napoli e il Parco Archeologico di Pompeiospita la prima assoluta della messa in scena del visionario Robert Wilson, che trasforma la tragedia di Sofocle in un’installazione visiva e musicale di matrice corale.

Dopo l’accecante prologo in cui il protagonista “viene alla luce”, la trama dell’opera segue una struttura classica in cinque parti, che ripercorrono il fato di Edipo, a partire dal vaticinio che ne sancì il destino fino alla punizione che l’eroe mitologico si autoinflisse.

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Oedipus: l’eroe dai piedi gonfi

Edipo è, infatti, figlio di Re Laio e legittimo erede al trono di Tebe, ma a causa di una nefasta profezia dell’Oracolo di Delfi, il sovrano lo disconobbe e deturpò i suoi piedi, temendo che un giorno l’avrebbe assassinato. Il servitore che avrebbe dovuto ucciderlo risparmiò il neonato, che venne allevato alla corte del Re Polibo. Il sovrano di Corinto e sua moglie Peribea lo allevarono come un figlio fino a quando quest’ultimo, che aveva scoperto di essere stato adottato, iniziò a indagare sulle sue origini. Quando la Pizia, sacerdotessa di Apollo, profetizzò che avrebbe ucciso il padre e sposato la madre, il giovane scappò dalla città adottiva per tornare inconsapevolmente alla sua città d’origine, all’epoca afflitta da una mostruosa Sfinge che divorava i passanti che non risolvevano i suoi indovinelli.

A un trivio lungo il tragitto verso Tebe, ebbe un conflitto con Laio che sfociò nel sangue e che involontariamente concretizzò la prima parte del vaticinio. Arrivato a Tebe, risolse l’indovinello della creatura mostruosa e per ricompensa gli venne data in sposa Giocasta, vedova di Laio nonché sua madre biologica, e fu proclamato re in quanto liberatore della città. La profezia si era infine compiuta, ma il filo del suo destino ineluttabile non si era ancora del tutto dipanato: quando una pestilenza colpì la città, la Pizia profetizzò che sarebbe cessata soltanto se la morte di Laio fosse stata vendicata. Le indagini sulla sua morte si concludono quando l’indovino Tiresia è costretto da Edipo stesso a rivelare la dolorosa verità, che spinge Giocasta a suicidarsi ed Edipo a trafiggersi gli occhi.

Da Oidípūs týrannos di Sofocle a Oedipus di Robert Wilson

Il canovaccio del drammaturgo di Corinto è rappresentato in una parabola perfetta, in cui la prima parte riflette l’ultima, la seconda è specchio della penultima e la parte centrale è un ossimoro cerimoniale che fa da trait d’union simmetrico a questo giochi di specchi e riflessi. Ma la fedeltà all’opera di Soflocle si ferma alla rievocazione degli eventi, che vengono inscenati con una smisurata libertà creativa, laddove il logos è un babelico mix di lingue (italiano, inglese, francese, tedesco e ovviamente greco classico), di voci, che si sovrappongono e cedono il passato alla danza, alla musica, alle arti figurativi e – più di ogni altra cosa – ai giochi di luce.

D’altronde in questo noir psicologico, simbolico e gestuale che è l’Oedipus di Bob Wilson, luci e ombre giocano un ruolo predominante, come dichiarato dal regista stesso:

Per me il tema centrale della storia di Edipo è l’oscurità. Egli si propone di far luce sull’assassinio di Laio per liberare Tebe dalla pestilenza. Ma sarà capace di sopportare la luce quando questa infine farà luce su di lui? Sarà capace ci confrontarsi con il suo passato, con le sue origini? Come il veggente cieco Tiresia sentenzia: fino a che Edipo avrà la vista, lui sarà cieco. Quando inizierà a vedere la verità, egli si accecherà. Siamo noi in grado di guardare la verità?

Forse no.

Se il ventesimo secolo è stato l’epoca del freudiano complesso di Edipo, metafora dello sviluppo psicosessuale e dell’eziologia di nevrosi e isterie, il ventunesimo è egemonizzato da un altro mito quale metafora della società. Narciso, il semidio innamorato della propria immagine riflessa, sembra aver oscurato l’eroe sofocleo, invadendo ogni aspetto della narrazione sociale.

Eppure, dopo essere stato illuminato dalla luce che apre la pìece, guidato dal Testimone 1 (Mariano Rigillo) e dal Testimone 2 (Angela Winkler) e accompagnato dalle note del sassofono di Dickie Landry, insieme a Edipo (Michalis Theophanous), a Giocasta (Casilda Madrazo) e a Tiresia (Meg Harper) con Oedipus lo spettatore discende per un’ultima volta nell’abisso morale del più antico dei tabù e nell’oscurità del senso di colpa. 

Altri drammi lo attendono al Pompeii Theatrum Mundi dal 12 a 14 luglio, quando andrà in scena Non solo Medea dei coreografi Emio Greco e Pieter C. Scholten, e dal 19 al 21 luglio,  con Emma Dante che si farà carico delle fatiche di Eracle di Euripide.

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