Le emozioni guidano la nostra vita sin dai primi momenti: non a caso circa il 90% della nostra vita è fatto di stati emotivi.
“Le emozioni sono definite come stati mentali e fisiologici associati a modificazioni psicofisiologiche, a stimoli interni o esterni, naturali o appresi.”
Daniel Goleman negli anni ’90 mette in campo il costrutto di intelligenza emotiva, ossia l’insieme di tutte le competenze emotive che corrispondono al modo in cui ci identifichiamo, comprendiamo, esprimiamo e ascoltiamo le nostre emozioni e quelle degli altri.
Diversi studi hanno dimostrato che le persone con competenze emotive più sviluppate sono in media più felici e godono di una salute fisica e psicologica migliore. Ciò accade perché una buona intelligenza emotiva attenua le reazioni dell’organismo allo stress e ai comportamenti a rischio come uso di alcol e tabacco.
Per migliorare la propria intelligenza emotiva è utile saper identificare le emozioni proprie e altrui così da favorirne la comprensione, l’espressione, la regolazione e l’uso. Eppure si è scoperto che più della metà delle persone ha difficoltà ad identificare ciò che prova e ciò rende difficile reagire in modo adeguato innanzi alle difficoltà.
Per affinare la propria capacità di identificare ciò che si prova può essere molto utile incrementare il proprio vocabolario emotivo.
Tale vocabolario emotivo è uguale per tutti solo in parte! È infatti risaputo che tutte le popolazioni del mondo condividono le sei emozioni di base individuate da Paul Ekman (ovvero la rabbia, la paura, il disgusto, la gioia, la tristezza e la sorpresa, quest’ultima dimenticata dagli autori di Inside Out), ma il mondo delle emozioni è così variegato e complesso che le diverse sfumature emotive non sono denominate allo stesso modo .
Infatti, ci sono lingue che hanno parole per le emozioni che in altre lingue sono espresse con lunghi giri di parole.
Ecco alcuni curiosi esempi che vi aiuteranno ad ampliare il vostro vocabolario emotivo
AWUMBUK: per i Baining, una tribù della Nuova Guinea, è la nostalgia per l’ospite appena andato via. È un senso di vuoto molto intenso che si può provare subito dopo aver salutato un amico o appena va via l’ospite e la casa ci appare vuota e silenziosa.
AMOK: per alcune regioni del Sud-est asiatico, della Malesia, dell’Indonesia e della Nuova Guinea è la reazione furibonda e assassina che qualcuno può avere in seguito a una provocazione o a un’umiliazione. In Occidente può ricordare vagamente il “raptus omicida”.
IKTSUARPOK: gli Eschimesi chiamano così la sensazione di imminenza che ci fa andare su e giù per casa o per strada perché in attesa di qualcosa.
SCHADENFREUDE: deriva dalle parole tedesche “Shauden” (danno) e “Freude” (piacere), e significa rallegrarsi del fallimento o della sfortuna altrui.
VERGUENZA AJENA: questo concetto appartiene ai popoli ispanici e si basa un po’ sul un paradosso sociale in cui ci si vergogna per l’altro, anche se non lo si conosce. Infatti, le due parole spagnole significano rispettivamente “vergogna” e “altrui”.
VIRAHA: nella lingua hindi è l’amore di cui ci si rende conto attraverso la lontananza o l’abbandono. È una sorta di nostalgia da separazione o meglio la sensazione di incompletezza intrecciata all’attesa di una riunione spirituale, ma anche fisica.
In qualsiasi modo si chiamano le emozioni, fanno parte della nostra esistenza e per questo vanno conosciute e non messe fuori la porta come spesso accade.