Un argomento di cui ultimamente – per fortuna – si sente parlare spesso è quello della salute della nostra amatissima Terra. Il problema della salvaguardia ambientale sta iniziando a preoccupare chiunque, dai governi alle singole persone. I climatariani si sono presi a cuore la questione, sostenendo fermamente che ogni piccola attività quotidiana possa contribuire in maniera decisiva a fare la differenza. Un gesto che vale di più di mille parole.
Climata… che? Se non avete la più pallida idea di cosa stia parlando, mettetevi comodi.
I climatariani sono coloro che seguono una dieta alimentare specifica, diventata così importante che gli esperti l’hanno inserita nella lista dei food trend del 2021.
Tra le altre tendenze del settore, come non citare il consumo di insetti (sì, avete capito bene), argomento che già abbiamo approfondito in quest’articolo, e quello della carne sintetica, creata direttamente in laboratorio e che si presume soppianterà l’uso degli allevamenti intensivi.
Climatariani? Non chiamatela moda
I climatariani non seguono semplicemente una moda dettata dal momento, ma sono attivi già da parecchi anni. Nel 2015, infatti, il New York Times ha inserito anche il termine climatarian tra le nuove parole gastronomiche coniate nell’anno.
Ma cos’hanno di diverso?
La loro dieta si differenzia da quella vegetariana o vegana in quando “plant-based”. Il che significa che non prevede solamente il consumo di frutta e verdura, ma integra altre tipologie di alimenti, purché rispettino determinate caratteristiche.
#1 Stagionalità e chilometro 0
In questo modo, non solo si sostengono i piccoli produttori, ma si contribuisce a ridurre i consumi legati ai trasporti. Quindi, sì agli orti, alla frutta e verdura dei mercati locali e agli acquisti fatti direttamente da contadini e agricoltori. I climatariani sono anche i primi sostenitori della filiera corta, che riduce le distanze mettendo in stretto contatto il produttore con il consumatore, eliminando gli intermediari che entrano in gioco nella grande distribuzione organizzata.
#2 Provenienza da allevamenti sostenibili e all’aperto
Solo così non si maltrattano gli animali e si limitano le emissioni di anidride carbonica e gas serra. Gli allevamenti intensivi in Italia, infatti, rappresentano una delle principali cause dell’elevata quantità di smog presente nell’aria che respiriamo.
Quindi, sempre se rispettano le regole di sostenibilità, gli alimenti come pesce, carne bianca (pollo, tacchino, maiale), uova e formaggio hanno il via libera. Lo stop arriva per la carne rossa (vitello, manzo, cavallo, agnello), gli insaccati e tutti i cibi lavorati a livello industriale. Per i climatariani, il cibo spazzatura non è proprio contemplato. Oltre a pensare alla salute del pianeta, si impegnano per tutelare la loro, applicando le regole d’oro per vivere più a lungo e prevenire le malattie mortali.
#3 No allo spreco
I prodotti devono essere sfruttati il più possibile. Soprattutto per quanto riguarda i vegetali, ovvero quelli che si deteriorano maggiormente e che fanno parte degli alimenti più gettati al mondo. Un’altra mission dei climatariani è combattere gli sprechi alimentari, riciclando tutto ciò che è possibile. E non sono gli unici. Negli ultimi anni sono nate diverse app che ci consentono di recuperare il cibo invenduto durante la giornata da bar, ristoranti, panetterie, pasticcerie e supermercati, acquistandolo ad un prezzo più ridotto ed evitando così che venga destinato alla spazzatura. Una di queste è Too Good To Go, nata nel 2015 in Danimarca e diventata subito un successo internazionale. In occasione della Giornata contro lo spreco alimentare, quest’anno ha deciso di fare un passo in avanti, coinvolgendo in prima persona le aziende per sensibilizzare maggiormente la popolazione. Sui suoi canali social, inoltre, sta pubblicando dei consigli che ci permettono di recuperare gli avanzi dei nostri pasti, trasformandoli in gustose ricette.
Anche i grandi Chef si impegnano per il riciclo
Il tema del recupero degli avanzi di cibo è caro non solo ai climatariani ma soprattutto agli chef pluristellati. Il fenomeno della trash cooking arrivato in Italia nel 2017 direttamente dagli Stati Uniti sembrava essere solo una tendenza ma non è stato così per Massimo Bottura, proprietario dell’Osteria Francescana di Modena. Il suo intento di combattere gli sprechi eccessivi e di salvare tutto il cibo che altrimenti andrebbe buttato si è trasformato nel progetto dal nome Food For Soul. Una ONG nata insieme alla moglie Lara Gilmore sulla stessa scia del Refettorio Ambrosiano, dove dal recupero degli ingredienti inutilizzati si dà vita a dei pasti per i poveri e i senzatetto. La collaborazione con i supermercati della zona è fondamentale.
Sfruttare al meglio gli ingredienti in ogni fase della loro vita. Ecco cos’è la vera bellezza: creare valore a partire da ciò che sembra non averne affatto.
Massimo Bottura
Per sfamare i più bisognosi, Bottura ha cucinato accanto a famosi colleghi, tra cui Carlo Cracco, il cui impegno verso il rispetto dell’ambiente non si limita solo alla cucina. Per ideare il packaging usato durante il servizio di delivery e il menù del suo ristorante, lo chef si è avvalso della collaborazione con l’azienda Favini che produce la carta ecologica Crush, composta da scarti alimentari. Insomma, tutto al 100% di origine naturale.
Il Covid-19 ha influenzato le scelte d’acquisto soprattutto di Millennials e Generazione Z
Da uno studio di PwC, basato sull’intervista di 4.500 persone nel periodo estate-autunno 2020, è emerso che la pandemia sta cambiando i comportamenti e le abitudini dei consumatori a livello mondiale, anche per quanto riguarda l’alimentazione. Le scelte portate avanti dai climatariani già sei anni fa stanno prendendo sempre più piede. Alla faccia di chi li considerava dei seguaci di una moda momentanea. Il consumatore del futuro, infatti, avrà proprio queste caratteristiche:
- si preoccuperà tanto per il proprio benessere quanto per quello del mondo in cui vive
- attuerà scelte sostenibili, evitando il più possibile l’uso della plastica
- sarà fedele alle aziende che stabiliscono un rapporto di fiducia con i consumatori e che comunicano in modo trasparente. In poche parole, devono essere le prime a dare il buon esempio nella lotta al cambiamento climatico